Il lavoro di Tino Stefanoni (Lecco, 1937), pur non appartenendo in senso stretto a quello dell’arte concettuale, di fatto si è sempre sviluppato in questa area di ricerca.
L’artista ha sempre guardato al mondo delle cose e degli oggetti del quotidiano ritenendoli, a differenza del mondo animale e del mondo vegetale che non sono di pertinenza dell’uomo, l’unico segno tangibile della sua esistenza.
Il volume propone un percorso nella sua produzione pittorica, dalle tele degli anni sessanta e settanta – in cui si dimostra incline a una ripetizione maniacale degli oggetti, rappresentati nella loro disarmante ovvietà – a quelle degli anni più recenti, che, pur rimandando a una sorta di svolta lirica, non rinunciano a sottolineare la prorompente fisicità degli elementi rappresentati, avvolti da una sottile ironia e magia. Il lavoro di Stefanoni, volto alla ricerca della qualità intima delle cose – a proposito della quale si è giustamente parlato di “metafisica” – conserva così un anelito di mistero che lo rende affascinante ed enigmatico.
Il volume accoglie un testo critico di Luca Tommasi ed è completato da apparati biografici.